Enews 2017

5 Ottobre 2017

Io sono

Cari Amici del Festival delle religioni,

quasi sono dispiaciuta di scrivervi questa enews, perché vuol dire che il festival delle Religioni è già finito! Come però non condividere con tutti voi la gioia di aver realizzato un evento come questo. È stata l’edizione dei Festival più importante, per contenuti e per ospiti. Chi lo avrebbe detto che saremmo riusciti a portare a Firenze il Dalai Lama.
Il 19, dopo la presentazione del Festival, mi sono messa a sedere, ho preso in collo mia figlia a cui il Dalai Lama aveva lanciato una caramella e ho pensato tra me e me: «Eccolo lì. Sono passati 5 anni da che scrissi la prima lettera da fargli recapitare tramite la fondazione Balducci di Udine e dopo un tempo così lungo, per me molto denso di eventi di grande valore, nel momento più inaspettato, risponde positivamente all’invito e dopo quasi un ventennio eccolo qui, a Firenze». All’epoca non c’era ancora il Festival, ma insieme ai frati di Santa Croce cercavamo di “rispolverare” lo Studio Teologico per Laici di grandi ma lontane memorie, organizzando incontri culturali. All’epoca pensai che lo avrei portato in Santa Croce e invece ci ha ospitato un Mandela Forum strabuzzante e gioioso. Seimila persone ad ascoltare l’incontro interreligioso. Come non aver apprezzato l’imam Izzedin quando ha detto che «non esistono le guerre sante e che ogni guerra è sporca». Come non aver colto l’ironia tipicamente ebraica di Joseph Weiler quando ha raccontato l’aneddoto di sua figlia che, con l’ingenuità e la spontaneità solita dei bambini, alla domanda rivoltagli su quali cibi potessero mangiare, Weiler le ha risposto: «se è buono, non fa per noi (ebrei)». Come non aver applaudito a Padre Enzo Bianchi quando molto energicamente ha pronunciato: «l’uomo è dotato della ragione e la ragione è l’antidoto più forte contro la religione quando questa vuole scadere a livello di violenza e di intolleranza».
È stato un momento culturalmente e spiritualmente importante per Firenze. Spero che anche voi lo abbiate vissuto con la stessa trepidazione con cui lo abbiamo vissuto noi organizzatori. I giorni successivi sono stati altrettanto interessanti. Credo davvero che riflettere su questioni che formano l’identità collettiva ed individuale, alimentandola di ampi respiri, sia un allenamento che tutti coloro che tentano di vivere la propria vita, calzandola fino in fondo, debbano compiere per evitare di esser trascinati da quelle catene intellettuali e valoriali che i media, i social e la società stessa pongono al pensare umano. Tutti pensiamo agevolmente, tuttavia andare oltre o in profondità della propria vita, come anche saper cogliere i binari della storia, è cosa che si impara. È un allenamento costante. Si impara a pensare, si impara a scendere nelle platoniche caverne dell’anima per farvi luce e quindi si impara a vivere nel tempo e nello spazio con maggiore padronanza e personalità.
Ecco che, ad esempio, sentir dire dal prof. Donzelli – neonatologo, presidente della Fondazione Meyer, che dedica tutta la sua vita a cercare di salvare e curare i bambini – che a Charlie Gard – il bambino inglese morto nell’estate scorsa a causa di una malattia incurabile, tenuto in vita grazie ad un respiratore, a cui poi appunto è stato staccato – forse Dio quella spina l’aveva già staccata, prima dei medici stessi – ecco – quanto detto mi fa molto riflettere. Non soltanto perché lo condivido in pieno, ma al di là di questo aspetto strettamente personale, credo di esser sulla strada giusta quando al festival si propongono paradigmi che talvolta si ribaltano. Alt uomo, fermati! sembrano dire le sue parole. Ognuno a suo modo lo ha detto.

Non la voglio fare più lunga di quanto l’abbia già fatta. Vi saluto con due pensieri. Il primo, più tecnico, è che stiamo lavorando a riorganizzare l’incontro con il Ministro Minniti, Lilli Gruber e Bartolo, medico di Lampedusa. Non li vogliamo perdere. Vi aggiorneremo su quando avverrà. Il secondo pensiero è che vi invito di nuovo a riflettere sul titolo di questa edizione del festival appena conclusa: Io Sono. Abbiamo una grande responsabilità ed una grande fortuna; vivere in questa terra, in questa città, ci obbliga a restituire con pensieri elevati quanto di meraviglioso ci viene posto di fronte, non per merito nostro, ma per chi ispirato di quell’infinito, è stato poi ben capace di ritrasmetterlo. Goethe diceva che tutti i pensieri più belli sono già stati pensati. Nostro compito è pensarli di nuovo. Ogni volta di nuovo, per farli nostri. La nostra identità è quindi da custodire e ripensare con cura. Abbiamo molto da fare. Io da organizzare una nuova edizione. Datemi qualche consiglio.. lo leggo volentieri.

Un caro saluto,
Francesca

Ps. Qui il video per rivivere qualche bella emozione!
Guardatelo, è davvero bello!