Cari amici,
come corre il tempo! Sono già trascorse tre settimane dalla fine del Festival. Ogni volta che inizio a scrivere l’enew post evento, faccio trascorrere troppi giorni, fino a che i miei collaboratori mi fanno notare che sono alla grande “fuori tempo”. Allora mi siedo alla scrivania… ed eccomi qui. E non lo faccio prima perché con questa enew si chiude il sipario; il che vuol dire che il festival è davvero finito. E magari sarà una cosa un po’ sentimentale, ma ne sono dispiaciuta! Perché ogni festival non sono soltanto quei 3-4 giorni, ma è un lungo tempo di preparazione, di riflessione, di analisi su quale sia la lente giusta per “questa volta”; immaginatevi di essere di fronte ad una porta ed avete tante chiavi in mano o magari non ne avete neanche una e vi ritrovate a far la prova su quale sia quella corrispondente oppure la dovete proprio cercare. Non sempre si trova alla prima; l’anno che precede il festival è un po’ come stare di fronte a quella porta a cercare la chiave giusta, facendo le prove su quale sia la chiave di lettura più corrispondente al momento storico, ma soprattutto è il tempo in cui insieme a mio marito Marco ed ai miei collaboratori, mi chiedo; che cosa si vuol trasmettere con questa edizione? Che messaggio vogliamo dare? Qual è la chiave di lettura più appropriata dato il contesto attuale?
Proposte di incontri culturali? Ce ne sono così tanti a Firenze e da tutte le parti – meno male! – che certamente non c’è bisogno di un festival in più. Non c’è bisogno di incontri culturali in più, ma c’è bisogno di più occasioni di incontrare se stessi – profondamente – in un contesto culturale – il che è ben diverso! C’è bisogno di occasioni in cui quando torni a casa non dici (solo) “interessante o noioso”, ma torni possibilmente trasformato, con uno spirito comunque diverso. C’è bisogno di sostare, di rallentare, di fermarsi e studiare, di fermarsi ed ascoltare chi pensa meglio di te, di fermarsi ed ascoltare chi prega con più profondità di te, per imparare, per trattenere dentro qualcosa in più. Bisogna vivere di com-passione letterale; prendendo cioè il proprio cuore e la propria mente e mettendola nella mente di un altro che possibilmente ti tira su! Questo tempo, questa politica, questo smercio di pensieri bassi mortificano ed al contrario portano verso il basso! Siamo bombardati da notizie che schiacciano la riflessione, la anestetizzano, la induriscono, la incattiviscono e generano cuori duri e menti stolte! Non vi scandalizzate, è così! Ci rendiamo conto che siamo arrivati a riflettere se esseri umani in una barca alla deriva o che stanno affondando siano da salvare o meno? Ma abbiamo perso la ragione? Non ne sto facendo una questione politica, in primis perché non è il mio ruolo e secondo perché la vogliono rendere una questione politica, nella forma peggiore del termine, come dire “tu da che parte stai?”, incitando ad una risposta montata dall’agone delle emozioni. È anche una questione politica, ma nel senso alto e pieno del termine, primariamente però credo sia una questione globale e prima di tutto di civiltà. Ma per tornare a noi, quel che mi smuove a pensare e a progettare un nuovo festival non è certamente la problematica appena trattata, che voleva essere solo un esempio di quanto siamo in balia del tocquevilliano “dispotismo mite” dell’informazione – bensì è la dilagante scarsa qualità del pensiero e delle idee diventate rare, aride e scarne, che mi muove a ricordare le parole di mia nonna, quando mi diceva: “non star lì a dormirci sopra!”.
È meravigliosamente complesso organizzare una manifestazione così, non (sol)tanto perché sia difficile contattare personalità di alto profilo, ma soprattutto perché è arduo uscire dal quel torpore culturale incatenante del momento, di cui vi dicevo poco fa e saper trovare poi la chiave giusta – saper individuare il messaggio giusto da trasmettere. E badate bene è questo il punto. È questo che fa la differenza; il messaggio, il contesto entro cui un relatore viene. Solo così il festival non sarà un “semplice” rendez-vous di illustri ospiti, ma sarà un tempo dal quale, comunque la si pensi ed in qualunque modo ci si relazioni con il divino, tornando alla propria vita quotidiana, ci sentiremo senz’altro più ricchi e con dei polmoni più pieni di un’aria “culturalmente di montagna” che eleva e così facendo, rinnova. Almeno spero, voi che ne pensate?
Certamente il contesto di San Miniato, luogo di straordinaria bellezza ci ha spronato a salire in cielo.. Chissà se non diventerà una tradizione, ci penseremo in questi prossimi mesi.
Provate a dire quanti siete stati in San Miniato soltanto nei giorni del Festival… la risposta è nel ps. in fondo, non andate a vedere senza aver prima pensato un numero!
Vi saluto cari amici del Festival con due questioni; la prima è una domanda: non vi chiedo il nome del prossimo ospite da chiamare, bensì quale argomento sentite per voi o per questa società come preminente e più importante da dover affrontare. La seconda è sul titolo di questa edizione Orā-te; a me per prima rivolto; cerchiamo di imparare a saper trattenere il tempo. Fermiamoci. Approfondiamo. Preghiamo. Sostiamo sospesi come degli atleti della mente e del cuore. Proviamoci almeno!
Un saluto,
Francesca Campana Comparini
Ideatrice del Festival delle Religioni
Ps.
Siete stati in soli 4 giorni più di 10.000. Non è un errore, avete letto bene. E per chi ha voglia di rivivere quei momenti cliccate QUI e troverete il video di quel che abbiamo realizzato insieme. Il momento più straordinario per me è stato quando alla fine dell’incontro mattutino tra il Patriarca armeno e il Segretario di Stato Vaticano, data l’intensità delle parole pensate e trasmesse abbiamo concluso con un fuori programma; un buon lungo tempo di silenzio, tutti insieme, ed infine un canto armeno. In quei momenti capisci che il Festival delle Religioni raggiunge in profondità e quindi è mio dovere andare avanti. Insieme.
A presto,
Francesca
È iniziato il Festival delle Religioni!
Vi aspettiamo fino a Domenica 28 Aprile a San Miniato al Monte.
Per quanti non hanno avuto modo di partecipare alla preview del Festival, trasmettiamo una parte dell’intervento introduttivo di Francesca Campana Comparini, che ha introdotto il dialogo tra Ronald Lauder – presidente del World Jewish Congress – e il Sindaco di Firenze, Dario Nardella:
“Mister Lauder,
oggi è il giorno in cui si celebra la Festa della Liberazione italiana dal dominio nazista e fascista e le sono grata di esser qui a parlare in questo nostro Festival. Lei in quanto americano rappresenta ciò che insieme alle forze della Resistenza italiana è stato motivo della nostra libertà. Ecco che allora parlare in un giorno come oggi di identità e di libertà assume un significato pienamente dialettico e di reciprocità; noi italiani, noi fiorentini, vi abbiamo donato il nome, il cappello della vostra identità, e voi ci avete resituito l’omaggio della libertà.
“Il tuo nome è un (odore buono) profumo diffuso” recita il Cantico dei Cantici (si noti come in ebraico nome e olio profumato abbiano la stessa radice in shem e shemen). Un buon odore e un buon nome, una buona identità quindi, sono concetti analoghi a partire dal loro significato etimologico.
E un’identità che abbia un buon profumo è un’identità che nasce e cresce in un contesto di libertà – oggi celebriamo questo giorno e non per caso abbiamo dato questo titolo all’incontro – ma allo stesso tempo è bene dire che solo quella libertà che riconosce nella regola la sua guida fa maturare una buona identità, una di quelle identità che hanno un buon profumo. Il mondo ebraico, tanto quanto i monaci benedettini sanno quanto sia centrale questo passaggio; la libertà fondamento dell’identità SE a sua volta istruita ed educata dalla regola, che renda solidi i pensieri, che orienti il sapere facendolo correre su binari fermi, perché “dove è molta sapienza è molto affanno” e per non correre il rischio di creare quei “vuoti di pensiero” – diceva Hannah Arendt – che stanno alla base di tutti i totalitarismi di cui oggi celebriamo una presunta fine”
Il programma del Festival lo trovate sul sito, ma ci teniamo a segnalarvi una variazione: l’incontro di Domenica con il fisico Mario Rasetti sarà in realtà tenuto dal Prof Stefano Marmi, matematico e fisico.
Festival delle religioni 2019
Orā-te
PROGRAMMA
Cari amici del Festival,
manca poco all’inizio della quarta edizione!
Vi ricordo le date: 26-27-28 Aprile
Mi rendo conto che è una settimana strapiena tra la Pasqua cristiana, la Pasqua ebraica e le molteplici festività nazionali. Tuttavia, come già vi avevo detto nella scorsa e-new, il Festival sarà il gran finale delle celebrazioni per il millenario di San Miniato che cade il 27 Aprile. Ecco perché abbiamo scelto queste date un po’ “ad incastro”.
Ci saremo anche noi dunque ad animare quei giorni, sia per chi rimane in città sia per chi magari viene a Firenze a trascorrere le feste!
È proprio in una di queste festività, giovedì 25 Aprile alle 16.30, che si terrà la preview del Festival. Abbiamo deciso di celebrare la ricorrenza della liberazione italiana dal Nazi-fascismo con un incontro importante; Ronald Lauder, presidente del World Jewish Congress, figura laica del mondo ebraico più importante a livello internazionale, dialogherà insieme al Sindaco di Firenze, Dario Nardella, in un incontro dal titolo “la libertà fondamento dell’identità”. Modererà il dialogo Marco Carrai.
Ma l’incontro centrale del Festival si svolgerà sabato 27 alle 10.30 nel giorno di chiusura del millenario. Siamo ben onorati di annunciarvi che dopo la visita a Firenze di Papa Francesco nel 2015 e dopo la presenza, in una delle passate edizioni, del Camerlengo, Card. Tauran, sarà ospite del festival delle Religioni, il Segretario di Stato Vaticano Cardinal Pietro Parolin insieme al Patriarca Armeno Karekin II in un incontro sul tema “il tempo della fede nella società di oggi”. Un incontro storico per la città di Firenze, per il Festival delle Religioni, sempre più luogo d’incontro di pluralità e di culture, e per la Chiesa stessa con il rappresentante della comunità cristiana più antica.
MOLTO IMPORTANTE:
Come sempre, tutti gli appuntamenti del festival sono gratuiti e soprattutto l’ingresso è libero fino ad esaurimento posti. Quasi tutti gli incontri si svolgeranno in Basilica, solo due nel frantoio, quindi non ci sarà modo di prenotare i posti a sedere.
È emozionante annunciare ogni volta figure così significative – non pensavo che dopo la passata edizione con il Dalai Lama si riuscisse a mantenere un livello così importante.
Enzo Bianchi si concentrerà sulla preziosità del tempo della preghiera; l’imam di Milano dialogherà con il rabbino di Firenze sul concetto di tempo nell’Islam e nell’Ebraismo. Non mancheranno i filosofi Sergio Givone e Massimo Cacciari. Due sociologi, Chiara Giaccardi e Mauro Magatti, peraltro marito e moglie, rifletteranno su quanto i social e gli smartphones, oramai nostre appendici instaccabili, influenzino il tempo dello stare insieme, specialmente in famiglia. Un importante fisico, Mario Rasetti ci spiegherà cos’è il tempo ed i buchi neri, oggi di grande attualità. Ci ritroveremo anche per un momento di preghiera, in cripta, guidato da Padre Bernardo insieme ai monaci della Badia Fiorentina, ed infine Pietro Bartolo, medico di Lampedusa, chiuderà il festival riflettendo sul tempo dell’accoglienza.
Orā-te:
Il Festival è un momento prezioso, sia per gli ospiti, ma soprattutto per il messaggio che ogni edizione vuole trasmettere. I Festival infatti seguono un percorso: Incontrandoci su ciò che ci divide poi Andiamo Oltre, poi Io Sono e questa prossima edizione, come già vi avevo anticipato qualche settimana fa, avrà al centro il tema del tempo. I mille anni della Basilica di San Miniato sono l’invito per tutti noi ad interrogarci sul tempo. In un’epoca confusa e degradata di valori e di alti pensieri – il tempo passa attraverso noi stessi senza che spesso si sia capaci di saperlo “trattenere”, il Festival esorta a fermarsi, a rallentare, a riflettere, ad abitare il tempo, ma soprattutto ad imparare a scandire i tempi del tempo. Ecco perché il titolo di questa edizione è Orā-te e giocherà sul doppio significato di “pregate” in latino e allo stesso tempo di “ora te” con l’esortazione a rinnovare se stessi e a meditare sulla propria vita e sul proprio tempo.
Ecco il programma completo:
www.festivaldellereligioni.it/edizione-2019/programma
Vi aspetto al Festival! Ma prima, a ciascuno di Voi, l’augurio di un – tempo – pieno, profondo, e compiuto di Pèsach.
Francesca Campana
Ideatrice ed organizzatrice del Festival delle Religioni
Ps. Pèsach, in ebraico, come molti di voi sanno bene, significa “passaggio”; un altro passaggio rispetto alla Pasqua cristiana, non meno significativo per un cristiano, potremmo dire, un “passaggio anticipatore” della Pasqua intesa come Resurrezione. Ma come vivere un passaggio in maniera compiuta? Se è un passaggio, come può essere anche in itinere compiuto? L’atto in potenza. Sembra quasi un augurio impossibile.
E tuttavia se Hölderlin nei suoi versi ne La fuga degli Dei sollecitava a sostare nelle contraddizioni dell’esistenza – poiché gli dei immortali, oramai fuggiti, non avevano lasciato altro che frammenti di parziale perfezione rispetto ad una più diffusa realtà filosoficamente tragica – e dunque sollecitava a vivere queste contraddizioni senza hegelianamente volerle trascenderle, Vi auguro, alla Hölderlin, di vivere compiutamente – con “compiutezza” se si potesse dire – qualunque passaggio della vostra vita e del vostro tempo.
E come si fa? Orā-te.
Ciao,
F.
Cari amici del Festival, ben ritrovati!
Vi scrivo questa Enews per augurarvi un buon Natale, per augurare a tutti voi di vivere un tempo di Avvento pieno; pieno di pensieri densi, ognuno quelli che ritiene più opportuni e più corrispondenti a se stesso, ma comunque un tempo che non scorra senza che ce ne rendiamo conto! Vi giro un’intervista a Massimo Cacciari sul tema del Natale che potete trovare QUI molto interessante e che, spogliata di considerazioni “estreme”, in buona parte sento di condividere. Non vi fate spaventare dal titolo, leggetela e ditemi poi, se avete voglia, cosa ne pensate.
Vi faccio questo genere di auguri per due ragioni; la prima perché da sempre esorto me stessa e tutti voi ad essere – heideggerianamente di volta in volta – “dentro” la vostra vita, ad innalzare e ad intensificare i pensieri alti e seconda di poi, a corollario, perché intorno a questo buon proposito – di vivere il tempo con fermezza – ruota il prossimo Festival delle Religioni. In tanti ci mandate messaggi ed email chiedendo quando, dove e su cosa sarà. Dunque, vi annuncio che il prossimo Festival delle Religioni si svolgerà il 26-27-28 Aprile 2019 e salvo un incontro in Moschea, si svolgerà tutto nella Basilica di San Miniato a Monte. Il Festival sarà a conclusione dell’intero anno di celebrazioni che vedono San Miniato al centro per i suoi 1000 anni compiuti. Un traguardo quasi fuori dal tempo che si concluderà con la quarta edizione del Festival delle Religioni. Il Festival è onorato di far parte di questo tempo eterno della Basilica che tutti voi conoscete e che ogni volta che la si osserva consola il cuore!
Non vi svelo ora chi saranno i protagonisti della prossima edizione, in primis perché sennò non avrò altro da scrivervi di qui ad Aprile e secondo perché credo sia ben più importante parlarvi del tema che abbiamo scelto. I relatori, alcuni fedelissimi altri mai venuti, sono strumenti che – al di là delle loro capacità e della loro notorietà – intervengono per trasmettere ed approfondire un messaggio, che è quello che ogni anno il Festival si propone di offrire a tutti voi. Non viceversa. Questo è molto importante averlo chiaro. Ed è questo che rende il Festival un momento prezioso; per il messaggio che ogni edizione vuole trasmettere con forza. I Festival infatti seguono un percorso; Incontrandoci su ciò che ci divide poi Andiamo Oltre, poi Io Sono e questa prossima edizione avrà al centro il tema del tempo. I mille anni della Basilica sono l’invito per tutti noi ad interrogarci sul tempo.
ORĀ-TE
Il tema del tempo sarà il filo conduttore di questo Festival; in un’epoca confusa e degradata di valori e di alti pensieri, in cui anche il tempo passa attraverso noi stessi senza che spesso si abbia la capacità di saperlo “trattenere” e di viverlo con proprietà e profondità, il Festival esorta a fermarsi, a rallentare, a riflettere, ad abitare il tempo, ma soprattutto ad imparare a scandire i tempi del tempo. Ecco perché il titolo di questa edizione è Orā-te e giocherà sul doppio significato di “pregate” in latino e allo stesso tempo di “ora te” con l’esortazione a rinnovare se stessi e a meditare sulla propria vita e sul proprio tempo.
Cominciamo sin da ora; non aspettiamo che il Festival arrivi per disporci a riflettere su questo, sempre che non lo stiate già facendo. Non c’è bisogno dell’Avvento, non c’è bisogno degli auguri di Natale. In realtà non c’è bisogno di niente, non è necessaria alcuna ricorrenza per riflettere su questo e tuttavia, credo che in realtà ne abbiamo estremamente bisogno. L’uomo ha bisogno dei riti per ri-cordarsi e ra-mmentarsi di ciò che in realtà scontato non è, perché la vita ti scappa di mano se non la si rallenta se non la si trattiene. Come si fa? Il festival di questa prossima edizione rifletterà su questo ed inviterà a “trattenere” ; tò katechon – ho katechon in greco – il tempo. Alexis de Tocqueville ne La Democrazia in America (1835) descriveva l’uomo dell’epoca come un “un uomo di corsa”. Noi che cosa siamo?
Ci vediamo in Aprile!
Tanti auguri di buon Natale!
Francesca Campana